Uno studio sulla percentuale di rimpianto per la top surgery ha confermato che, per la stragrande maggioranza, essa migliora la qualità della vita.
La ricerca pubblicata mercoledì (9 agosto) ha coinvolto 235 pazienti che hanno sottoposto una mastectomia rigenerativa, la top surgery, nel corso degli ultimi 30 anni, monitorandone il livello di soddisfazione nell’arco di due anni successivi all’intervento.
Lo studio, pubblicato sulla rivista JAMA Surgery, condotto dall’Università del Michigan, ha scoperto che la soddisfazione ha raggiunto un medio di cinque su cinque.
Il tasso di rimpianto è stato pari a zero su 100, cioè nessun paziente ha espresso rammarico per la sua scelta, nessuno dei soggetti coinvolti ha richiesto un intervento di reversione.
Gli autori dello studio hanno posto l’accento sul fatto che, affinché i risultati siano generalizzabili, occorreranno ricerche futuri che coinvolgano un numero più vasto di persone e location.
La review di alcune ricerche precedenti ha suggerito che il tasso di rimpianto per interventi su persone transfemminili e transmaschili è pari al uno per cento.
Un commento straordinario alla ricerca ha lodato i risultati con l’affermazione che essi “sostengono altri studi con un follow-up più breve” e dimostrano la “stabilità dei risultati chirurgici”.
“Questo studio smentisce le affermazioni che il rimpianto per interventi di sostegno del genere non si manifesterebbe per diversi anni e mette in luce la feroce critica eccessiva nei confronti dell’assistenza gender-affirming rispetto ad altri ambiti della chirurgia”.
Gruppi anti-LGBT+ che sostengono idee di destra
sovrastimano spesso la percentuale di rimpianto di interventi per l’affermazione di genere, cercando di giustificare una limitazione nell’assistenza alle persone trans.
Talrestrizioni spesso includono minori trans, poiché nessuna organizzazione medica ha mai offerto procedure di affermazione di genere ai minorenni. I minori di 18 anni sono consentiti agli interventi ma solamente negli eccezionali e rari casi.
Secondo l’Unione Americana per le Libertà Civili (ACLU), in quest’anno sono stati presentati nella sola America circa 492 disegni di legge anti-LGBT+, di cui 130 riguardanti l’assistenza trans, quindi vietando la chirurgia per i minori o gli adulti o addirittura la cura di affermazione del genere, inclusi i bloceckers della pubertà.
Pur essendo qualche disegno di legge stato bocciato da tribunali federali, alcuni stanno ancora percorrendo le legislature statali ed alcuni sono diventati legge.
Questa ricerca dimostra la validità degli interventi per l’affermazione del genere e mette in luce come i veri obiettivi dei gruppi anti-LGBT+ siano semplicemente quelli di limitare le cure alle persone trans e addirittura ai minori, senza alcuna motivazione plausibile.
Qual è stato il numero esatto di pazienti coinvolti nello studio?
Esattamente 235 pazienti sono stati coinvolti nello studio qui menzionato. Si è trattata di uno studio approfondito condotto al Michigan University su un arco temporale di 30 anni e che è stato pubblicato sul noto periodico scientifico JAMA Surgery. Dall’analisi condotta, emerge una percentuale di soddisfazione media pari a 5/5 e una percentuale di rammarico a zero, con nessun caso in cui sia stato necessario un intervento chirurgico di reversione. A differenza degli studi menzionati in precedenza, il periodo di follow-up è stato più esteso e i risultati più durevoli nel tempo. Da ciò si evince che spesso le critiche e le restrizioni imposte dai gruppi contrari alle persone LGBT sulle terapie ormonali e sulle possibilità chirurgiche relative sono sovrastimate. La ACLU (The American Civil Liberties Union) ha calcolato che nel solo 2021 questo tipo di provvedimenti sono arrivati a ben 492 in tutto il paese con ben 130 che riguardano direttamente le cure mediche a cui sono esposte le persone transessuali, spesso impedite nei casi di minori.
Quali erano le principali metodologie adottate per la valutazione dei risultatti?
Rispondendo alla domanda su quali metodologie di valutazione sono state adottate per la ricerca, i ricercatori dell’Università del Michigan hanno riferito che le risposte dei pazienti sono state valutate per la soddisfazione estetica, funzionale e psicologica, con una scala da 1 a 5 – con 1 che indica insoddisfazione e 5 che indica estrema soddisfazione – e per il dispiacere, con una scala da 0 a 100. L’indagine ha incluso questionari, visite cliniche e una modalità di follow-up a distanza. Inoltre, sono state illustrate le metastudy precedenti sui tassi di rammarico per l’intervento chirurgico, dalle quali è emerso che il tasso di rammarico era del 1%, supportando così i risultati della ricerca.
Inoltre, i ricercatori hanno implementato strumenti di valutazione evidenziati da precedenti studi sull’autodeterminazione e sull’adesione ai trattamenti specifici. Un sondaggio demografico, comprese le informazioni sul genere, le identità di genere e l’orientamento sessuale del paziente, è stato utilizzato anche per conoscere meglio l’esperienza del paziente. Per meglio comprendere i cambiamenti postoperatori, sono stati eseguiti esami clinici, risonanza magnetica, mammografia e ultrasuoni. Inoltre, vengono eseguite regolari valutazioni psichiatriche e fisiche al fine di assicurare che il paziente abbia un’esperienza di cura ottimale. I risultati dello studio sono stati poi registrati in documenti cartacei e inviati agli autori principali per una valutazione più approfondita.
L’obiettivo di questa metodologia è stato quello di ottenere dati il più precisi possibile, tenendo conto delle opinioni dei pazienti in merito alla cura ricevuta e alla qualità dei risultati ottenuti. Questo per garantire che i risultati dello studio fossero rilevanti per le persone interessate dal trattamento, oltre che fornire informazioni sugli effetti a lungo termine della chirurgia di riassegnazione del genere.
Quali sono le maggiori conseguenze positive che la ricerca ha evidenziato sulla qualità della vita?
I risultati di uno studio, pubblicato mercoledì (9 Agosto), sulla soddisfazione dei soggetti sottoposti a una mastectomia gender-affirming hanno mostrato il successo dell’intervento. Lo studio, condotto presso l’Università del Michigan e successivamente pubblicato sulla rivista JAMA Surgery, ha coinvolto 235 pazienti che si erano sottoposti a tale intervento nell’arco di 30 anni. La ricerca ha seguito i livelli di soddisfazione dei partecipanti nel periodo successivo all’intervento, dando luogo a risultati incoraggianti.
La maggior parte dei partecipanti ha valutato il proprio grado di soddisfazione come pari a 5 su un massimo di 5, raggiungendo una percentuale media di soddisfazione molto alta. Non è emerso nessun caso di rammarico o rimpianto nei confronti della decisione di sottoporsi all’intervento, nessuno dei pazienti coinvolti ha preso in considerazione l’ipotesi di ricorrere a un intervento di revisione.
La ricerca ha avuto luogo in un unico centro medico, ma i risultati possono essere generalizzati attraverso altri studi che coinvolgano persone in un numero più ampio di luoghi. Una recente revisione di studi precedenti ha infatti accertato una percentuale di rammarico nei confronti della scelta di sottoporsi ad una gender affirming surgery pari all’ 1%.
La ricerca ha suscitato l’ammirazione di diversi commentatori, che hanno discusso dei risultati ottenuti, sottolineando la loro coerenza con studi di supporto più brevi e la stabilità dei risultati della chirurgia gender affirming.
I dati ottenuti dal studio contrastano nettamente con le affermazioni di gruppi conservatori e anti-LGBTQ+ che sono soliti sovrastimare la percentuale di rammarico nei confronti degli interventi a cui si sottopongono i soggetti LGBTQ+. Tali gruppi non esitano a limitare l’accesso ai servizi sanitari dedicati alla cura di persone trans, come ad esempio i blocchi ormonali della pubertà, nonostante in nessun caso sia possibile effettuare interventi gender affirming su bambini e ragazzi di età inferiore ai 16 anni, fatta eccezione di (eccezionalmente rare) circostanze quali il riconoscimento di problemi di salute mentale.
Secondo l’American Civil Liberties Union, nella sola America nel corso di quest’anno sarebbero state proposte circa 492 proposte di legge anti-LGBTQ+, di cui 130 inerenti al diritto all’assistenza sanitaria per persone trans. Tra queste alcune hanno già raggiunto il divieto di interventi chirurgici gender-affirming per minori o adulti, in talune circostanze la limitazione è tanto radicale da arrivare a bloccare la possibilità di farsi prescrivere farmaci o trattamenti.
Questi casi, sebbene alcuni siano stati bloccati dai tribunali federali, sono tuttora in fase di discussione all’interno delle legislature statali, alcuni di essi sono già stati convertiti in legge.
Di fronte ai dati ottenuti da questo studio è difficile rimanere indifferenti di fronte a questi tentativi di limitare l’accesso dei soggetti LGBTQ+ alle cure a loro dedicate, e di fare delle remore nei confronti del risultato di un intervento. L’accesso a forme di assistenza sanitaria sicure ed appropriate è un diritto universale, non deve quindi essere negato a persone nella lotta per raggiungere pienezza e autonomia.