Zoe Terakes, attore australiano, ha parlato contro la decisione del Kuwait di vietare la proiezione del loro film horror, Talk to Me, a causa della loro identità di genere. Terakes ha fatto la storia lo scorso anno quando è stato il primo attore apertamente transessuale del MCU, e sta tornando al centro dell’attenzione dopo che The Hollywood Reporter ha rivelato che il conservatore stato del Golfo ha vietato il loro progetto.
Il Kuwait ha affrontato una battaglia contro la censura sui temi progressisti nei film più volte. Il film più recente di Greta Gerwig, Barbie, ha dovuto affrontare una simile sorte nella regione. Il film Talk to Me è stato accolto in modo liscio dai territori del Golfo, ma la decisione del Kuwait è senza precedenti, basandosi sull’identità di un attore piuttosto che sul contenuto del film.
Terakes ha condiviso uno screenshot dell’articolo su Instagram denunciando la decisione come targettizzata e deumana. Terakes ha espresso il loro dolore e ha messo in luce come la censura di Kuwait abbattere la speranza per le persone queer e trans. Nonostante il film non includa temi LGBTQ + o menzioni la loro transessualità o la loro omosessualità, ha ricordato loro come sia devastante e terrorizzante che simili film vengano preclusi alla visione nella regione.
Chiudendo il suo post, Terakes ha incoraggiato le persone a donare a RainbowRailroad, un’organizzazione che aiuta le persone LGBT + che sono state perseguitate. Il Kuwait, al momento, non ha ancora dato notizie su se intende o meno revocare il divieto di visione del film che segue le avventure di un gruppo di amici che accidentalmente liberano uno spirito soprannaturale.
Quale motivazione ha dato il Kuwait per precludere la visione del film?
Secondo quanto riportato da The Hollywood Reporter, la censura di Kuwait nei confronti del film di Terakes si basa interamente sull’identità dell’attore, piuttosto che sui contenuti del film. Inoltre, con questa mossa, Kuwait ha stabilito un nuovo livello di censura, poiché la posizione del paese non riguardava né la forma né i contenuti effettivi del film.
Quando Terakes è stato intervistato sull’accaduto, ha affermato che “il Kuwait ha vietato questo film a causa della mia identità da solo. A quanto pare, è la prima volta. È un precedente. È mirato e disumanizzante e vuole nuocerci”. Terakes ha poi proseguito sottolineando quanto fosse toccante considerare l’impatto di questo divieto sulla comunità LGBTQ+ del Kuwait.
Quando si è trattato di spiegare la motivazione dietro la censura, il Kuwait non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale. Si sospetta, tuttavia, che la motivazione sia di tipo ideologico, basata sull’orientamento sessuale o sul genere di Terakes. Com’è noto, il Kuwait è un paese aperto nella regione del Golfo, ma che ancora avverte una forte resistenza nei confronti dell’accettazione e del riconoscimento dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Per queste ragioni, la censura di Talk to Me è una drastica conferma della rigidità delle politiche della regione in materia di diversità ed eguaglianza.
Tuttavia, la posizione del Kuwait è stata criticata dai fan di tutto il mondo, non solo da Terakes stesso, che ha un profondo rispetto per la cultura kuwaitiana. La censura per l’intera regione è stata sfidata e la voce di Terakes sta sperando in una spinta positiva in quella direzione. A tal fine, Terakes ha incoraggiato a donare alla Rainbow Railroad, che supporta le persone trans perseguitate in tutto il mondo.
Quanto è stato seguito l’annuncio di Terakes su Instagram?
L’annuncio di Terakes su Instagram concernente il divieto di visione del suo film “Parlami” nel Kuwait ha avuto un grande seguito, riscuotendo l’attenzione di centinaia di utenti Instagram. Lo scorso anno, lo stesso Terakes aveva fatto storia, essendo il primo attore transmaschile apertamente transgender a far parte della MCU, nel prossimo Marvel series “Ironheart”.
Il Kuwait è noto per censurare o modificare i contenuti di film con temi progressivi, come l’ultimo successo al botteghino di Greta Gerwig “Barbie”, che ha dovuto affrontare una battaglia di censura nella regione.
La decisione di vietare “Parlami” nel Kuwait è senza precedenti, in quanto trae le sue radici esclusivamente dall’identità di genere dell’attore, piuttosto che dal contenuto del film stesso. Terakes ha sottolineato, tuttavia, che nella sua interpretazione del film come “Hayley, ospite della festa” neppure una volta viene menzionata la sua identità di genere o la sua sessualità.
L’attore ha condiviso lo scatto dell’articolo di Hollywood Reporter su Instagram, criticando la decisione di divieto, definendola mirata ed umiliante, e sottolineando che se un film ha temi LGBTQ+ minimi o temi di base, come ad esempio “Black Panther: Wakanda Forever”, “Beauty and the Beast”, “Eternals”, “Spider-Man: Across the Spider Verse”, “Lightyear”, “Onward” o l’intramontabile “West Side Story”, subiranno una sorte simile.
Alla fine del post, Terakes ha incitato le persone a donare alla Onlus Rainbow Railroad, che appoggia le persone trans perseguitate in tutto il mondo, concludendo che “la rappresentazione è speranza” e che “vietare agli attori trans di apparire su schermo non eliminerà mai le persone trans” e che la speranza è ciò che insegna loro ad andare avanti, date la violenza e l’ostilità di cui sono vittime.
Non c’è ancora alcuna novità sul fatto che il Kuwait abroghi o meno il divieto, facendo uscire una versione modificata del film. Nel frattempo, “Parlami” è già arrivato nei cinema.
Quali altre iniziative di censura sono state prese nelle regioni del Golfo?
Oltre alla controversa censura che hanno subito film come Barbie e Talk To Me, con la motivazione ufficiale tutta politica di rispettare i valori della regione, negli ultimi anni sono state prese iniziative simili di censura nei territori del Golfo. Il Kuwait ha vietato volontariamente il prodotto di un negozio online saudita chiamato Lalalab, contenente immagini tra cui donne che indossano abiti da sposa, ma anche di preghiera e di fede islamica. I sauditi si sono anche assicurati che Netflix rimuovesse contenuti considerati offensivi per lo Stato, tra cui una sceneggiatura e alcuni episodi di alcune serie tv.
L’Egitto non è estraneo alla censura, a causa di problemi legati alla morale e all’integrità sociale. Non solo hanno vietato la visione di film come The Wolf of Wall Street e, probabilmente in un tentativo di aiutare a preservare le tradizioni del Paese, hanno chiuso i cinema a livello nazionale ore prima del Ramadan.
L’Arabia Saudita e il Bahrain cercano costantemente di eliminare qualsiasi contenuto che ritengono contrario al loro modo di pensare. Non solo hanno consigliato a tutti i siti Web di riviste di censurare le immagini di nudo, ma hanno anche riportato notizie della rimozione di alcuni pezzi di Kylie Jenner dai negozi della zona. Hanno persino bloccato l’accesso a oltre 500 contenuti online, tra cui blog e forum, per questioni di sicurezza, ma i dettagli esatti rimangono nebulosi.
D’altra parte, l’Emirato di Dubai, che ha sviluppato un chiaro focus sull’innovazione e sulle esperienze digitali, sembra leggermente meno rigido nella sua volontà di limitare le libertà degli artisti. Sebbene abbia anche bloccato l’accesso a un certo numero di contenuti online, ha consentito ai suoi cittadini di visitare i cinema e persino di guardare alcune produzioni Disney.
Benché l’accessibilità alla cultura e al contempo possa variare significativamente da regione a regione, è indubbio che la censura sia ancora una realtà, e che entrambe le parti politiche ei sostenitori della morale la pongano come un problema da affrontare a livello globale.